Fra tanti tipi di processi industriali, la cromatura è particolare per come la sua origine, legata a precisi scopi di tipo meccanico, e a particolari e specifiche funzioni, sia quasi del tutto slegata dal genere di utilizzi più comuni e diffusi che la vedono impiegare, e che sono radicalmente differenti da qualli per cui era stata concepita; perfino per la persona comune, che non possiede conoscenze di tipo tecnico, tali utilizzi di per sè quasi secondari sono diventati ormai sinonimi della procedura stessa, molto più di quelli originali. Se parliamo appunto di cromatura, infatti, non sono I motivi meccanici e fisici per cui è stata inventata a renderla famosa, bensì il particolare risultato estetico che si ricerca sui dettagli, sia con la cromatura dei metalli che con la cromatura plastica.
È infatti caratteristico, specie nel parlare comune, avere un’idea alquanto precisa quando si usa il termine “cromatura” – e questa idea non ha, di certo, a che vedere con le caratteristiche meccaniche, di durezza e resistenza all’abrasione, che tale processo può conferire ad esempio ad un particolare metallico come la parte funzionale di una macchina utensile. Davanti al termine “cromatura” infatti I più penseranno a superfici lucide, immuni dalla ruggine, e sempre scintillanti, presenti in molti oggetti di design, sia più retrò (pensiamo a certe vetture anni ’50) sia invece più moderni e appartenenti all’apprezzato filone del cosiddetto “hi-tech”.
Purtroppo, però, questo procedimento che sposa tante utili virtù di tipo meccanico a un così alto valore estetico (che lo rende uno strumento spesso utilizzato nel campo del design , specialmente per dettagli eleganti), e che quindi trova tanto imponente impiego sia nell’industria pesante che nella manifattura di oggetti domestici, è gravato da un pesante difetto, la cui rilevanza, soprattutto oggi che l’impatto sull’ecologia dei processi industriali sta sempre più assumendo l’importanza che merita fra i fattori da valutare, non può più essere trascurata: è infatti una prassi che genera una grande abbondanza di sostanze inquinanti e pericolose.
Questo è però vero solamente con le tecnologie di cromatura tradizionali, e specialmente con la più diffusa storicamente, ossia quella che fa uso di un cosiddetto bagno galvanico per far depositare sull’oggetto che sta venendo trattato il sottilissimo strato di atomi di cromo che conferirà alla superficie l’aspetto lucido e la migliorata durezza e resistenza di cui parlavamo poche righe fa. Soprattutto prima che la legge prevedesse il passaggio al cromo trivalente, meno pericoloso, infatti in tali bagni veniva utilizzato il cromo detto esavalente, molto pericoloso per la salute in quanto velenoso e cancerogeno. La prassi prevedeva per di più l’uso di diversi acidi, come la soda caustica e l’acido cloridrico, il cui smaltimento era ulteriormente inquinante.
Di recente, per fortuna, sono però state inventate nuove procedure di cromatura che hanno completamente superato I problemi di tossicità e inquinamento dei metodi tradizionali, e permettono di cromare oggetti plastici e metallici senza alcun rischio, in ambiente sottovuoto. In questo caso I pezzi vengono preliminarmente ricoperti da un rivestimento ceramico, e poi esposti ad un plasma di vapori di cromo ionizzati, le cui particelle possono depositarsi senza l’applicazione di sostanze pericolose sulla superficie da lavorare. In questo modo si ottengono I risultati estetici dei metodi tradizionali, ma senza alcun pericolo di inquinamento.