Di seguito trovate un bellissimo approfondimento sulla natura dell’opposizione a decreto ingiuntivo, spiegata da Bruno Mafrici nel suo omonimo blog con il quale abbiamo già contribuito in passato.
Bruno Mafrici avvocato su opposizione a decreto ingiuntivo
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 13 gennaio 2022, n. 927, hanno dato una risposta al quesito sulla natura dell’opposizione a decreto ingiuntivo. Investita della questione dalla Terza Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 13556/2021 del 18 maggio 2021, la Suprema Corte chiariva se fosse applicabile o meno l’art. 4 del D.Lgs. n. 150/2011 in caso di errata introduzione del giudizio, enunciando il seguente principio di diritto “allorché l’opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione di immobili urbani, soggetta al rito speciale di cui all’art. 447-bis c.p.c., sia erroneamente proposta con citazione, anziché con ricorso, non opera la disciplina di mutamento del rito di cui al D. Lgs. N. 150 del 2011, art. 4 – che è applicabile quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dai modelli regolati dal medesimo D. Lgs. N. 150 del 2011 -, producendo l’atto gli effetti del ricorso, in virtù del principio di conversione, se comunque venga depositato entro il termine di cui all’art. 641 cpc”.
I fatti
Per Bruno Mafrici avvocato e cliente ricorrente devono attenersi a dei fatti. L’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo proponeva, con atto di citazione, opposizione al decreto ingiuntivo per l’importo di € 15.343,74, notificatole il 18 luglio 2014 su domanda della I.S. s.r.l. ed avente ad oggetto il pagamento di somme per indennità di occupazione e oneri accessori inerenti alla locazione dell’immobile sito in via Bernini 49/51 di Palermo.
Tuttavia, il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 7477/2015, dopo aver disposto il passaggio dal rito ordinario al rito speciale con ordinanza del 24 ottobre 2015, dichiarava inammissibile l’opposizione perché tardiva rispetto al termine stabilito dall’art. 641, comma 1, c.p.c., avendo riguardo alla data del deposito in cancelleria dell’atto di citazione erroneamente adoperato dall’opponente, in quanto il decreto ingiuntivo intimato concerneva una controversia in materia di locazione, ai sensi dell’art. 447-bis c.p.c.
Proposto gravame dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, la Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 75/2018 del 20 febbraio 2018, rigettava l’appello. In particolare pronunciando sul secondo motivo dì impugnazione, la Corte d’appello ha ritenuto fondata la questione di diritto attinente alla violazione dell’art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 150 del 2011, con riguardo alla salvezza degli effetti della domanda secondo le norme del rito seguito prima del mutamento, ma osservava che l’appellante si era limitata a chiedere genericamente la riforma della sentenza di primo grado, senza prospettare alcuna questione di merito e senza chiedere nemmeno l’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo. La Corte di Palermo, dunque, concludeva che nessuna utilità avrebbe potuto ricevere l’appellante dall’accoglimento del gravame in punto di effetti del mutamento del rito, mancando nell’atto di impugnazione la richiesta di rinnovazione dell’istruzione e di esame delle domande di merito. Rilevata la sussistenza di questione di diritto non decisa in senso univoco da precedenti pronunce della Corte, quanto alla natura di impugnazione o di ordinario giudizio di cognizione del procedimento per opposizione a decreto ingiuntivo, questione incidente anche sulla operatività del mutamento del rito ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011 art, 4, La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, quindi, Con ordinanza interlocutoria n. 13556/2021 del 18 maggio 2021, rimetteva la questione al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite, come chiarito da Bruno Mafrici nel suo blog.
La sentenza 13 gennaio 2022, n. 927
In primo luogo, il Supremo Consesso ha analizzato la natura dell’opposizione a decreto ingiuntivo. In particolare, l’interrogativo è consistito nel configurarsi della stessa quale giudizio autonomo, grado autonomo di un giudizio già iniziato e, pertanto, un’impugnazione o la seconda fase di un giudizio già pendente.
Le Sezioni Unite hanno provato a trovare una risposta rifacendosi ai precedenti orientamenti giurisprudenziali, rinvenendo principalmente due diversi e contrastanti orientamenti.
La tesi più risalente sosteneva che l’opposizione a decreto ingiuntivo dovesse essere inquadrata non come un giudizio autonomo, ma come una fase ulteriore ed eventuale del giudizio monitorio (Cass. Civ. n 7448 del 7 luglio 1993). Peraltro, tale orientamento veniva anche confermato dalla Suprema Corte (Cass. Civ. S.U. 9769 del 18 luglio 2001; in senso conf. Cass. Civ. S.U. 10984 e 10985 del 8/10/1992; Cass. 11 febbraio 1999 n. 1168; Cass. 12 marzo 1999 n. 2215; Cass. 9 aprile 1999 n. 3475; Cass. 13 luglio 1999 n. 7418; Cass. 27 novembre 1999 n. 13281; Cass. 18 febbraio 2000 n. 1828).
Stando al diverso orientamento, invece, l’opposizione doveva considerarsi un giudizio di cognizione autonomo rispetto al procedimento monitorio in quanto non teso al mero controllo della legittimità del decreto ingiuntivo emesso, ma all’analisi del rapporto giuridico alla base dello stesso (Cass. Civ. S.U. 20604 del 30 luglio 2008 e 19246 del 9 settembre 2010).
Più di recente (con la sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020), il giudice di legittimità ha preferito confermare l’orientamento più risalente, individuando l’opposizione a decreto ingiuntivo come la seconda fase di un procedimento
La Corte passa, poi, ad analizzare la normativa. Più precisamente, il comma 1 dell’art. 4 prevede: “quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone il mutamento del rito con ordinanza”.
Dalla previsione normativa si evince l’applicabilità della stessa ai soli procedimenti speciali extra codice richiamati dal D.Lgs. n. 150/2011, non fungendo tale disciplina da norma generale con portata abrogativa nei confronti degli artt. 426 e 427 c.p.c.
In casi come questi, dunque, laddove ci sia una errata introduzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in materia lavoristica/locatizia con atto di citazione, anziché con ricorso, non opera la disciplina di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 150/2011. Sarà, invece, applicabile l’art. 426 c.p.c e, quindi, il principio di conversione ed efficacia dell’atto di citazione, quale ricorso, solo se lo stesso sia stato depositato in cancelleria entro il termine di decadenza.